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Una delle domande più frequenti che ci viene rivolta è proprio questa: nel calcolo delle quote millesimali si deve inserire la situazione catastale o lo stato di fatto?

Potrebbe sembrare semplice dare una risposta definitiva al quesito ma di fatto non lo è perché bisogna tener conto di molti fattori tra cui: il tipo di incarico ricevuto dal redattore, l’attendibilità degli elaborati grafici, la disponibilità da parte dei condomini a collaborare con il redattore, ecc.

Premettiamo che, in situazioni di completa regolarità e conformità delle unità immobiliari, lo stato di fatto e la situazione catastale dovrebbero corrispondere. Se non corrispondono significa che è stato fatto un abuso o non sono stati fatti i necessari aggiornamenti catastali. Questo vuol dire che in un modo o nell’altro è il condòmino ad essere in difetto, non il redattore, non il condominio (a seconda del tipo di abuso che è stato fatto).

Le tabelle millesimali servono al condominio principalmente per la suddivisione delle spese condominiali e per logica dovrebbero essere redatte con lo stato attuale poiché, come sappiamo, ogni tipo di variazione incide potenzialmente sul calcolo, in modo particolare cambi di destinazione d’uso ed aumenti di superficie/cubatura.
Non è compito del redattore segnalare abusi e difformità alle autorità competenti. Nel redigere le tabelle si deve anzitutto tutelare il condominio e fare in modo che ogni condòmino possa contribuire alle spese in maniera equa rispetto al valore millesimale attuale delle proprie unità immobiliari.

Sopralluoghi, ostruzionismo ed aspetto psicologico:

Per tutelarsi e per tutelare il condominio il professionista incaricato può effettuare un sopralluogo di verifica nelle unità immobiliari e certificare, eventualmente con materiale fotografico e misure reali, lo stato di fatto delle proprietà esclusive. Sarebbe tutto risolvibile in questo modo se non fosse per il fatto assai frequente che  le unità immobiliari, in particolar modo quelle che presentano degli abusi, possono non essere ispezionate causa ostruzionismo da parte dei proprietari, i quali sono consapevoli che subirebbero un aumento della loro quota millesimale. A tale proposito è consigliato al professionista di specificare sulla lettera d’incarico la modalità di calcolo da adottare in questi casi.
Per quanto riguarda l’aspetto psicologico possiamo semplicemente affermare che, se si suppone che un’unità immobiliare presenti degli abusi, e non è possibile ispezionarla, il redattore potrebbe inserire dei coefficienti e delle superfici “ipotizzati” in base ai soli dati rilevabili esternamente, sulla base degli elaborati grafici presenti ed in base alla propria esperienza, sempre usando il massimo buonsenso. Tale affermazione potrebbe creare perplessità a causa della mancanza di dati oggettivi ma, se non si operasse in questo modo, in migliaia di condomini in Italia non sarebbe possibile realizzare o revisionare le tabelle millesimali a discapito di condòmini onesti andando a favorire condòmini “abusivi”.
Per concludere, in caso di inserimento di valori dedotti dal professionista ci si deve ricordare che il condòmino abusivo è dalla parte del torto e che per contestare i valori ipotizzati dal professionista sarà lui a dover dimostrare lo stato di fatto della sua unità immobiliare. Ovviamente difficilmente questo avverrà trattandosi di opere abusive. In questo modo lui sarà libero di scegliere se mettersi in regola o meno con gli enti predisposti ma nel frattempo, almeno nei confronti del condominio avremo aggiornato e regolarizzato le quote millesimali.

Nella stesura delle tabelle millesimali sono due i fattori determinanti: le dimensioni delle unità immobiliari ed i coefficienti correttivi. Nello specifico la circolare ministeriale n. 12480 del 1966 dice :”il collaudatore, impostando il calcolo millesimale sulla base delle superfici reali, accertate per sua diretta constatazione, dovrà pervenire alla costatazione del costo valore degli alloggi in base alla valutazione delle caratteristiche di ogni ambiente singolarmente considerato.”

Il metodo delle superfici è stato utilizzato perciò dalla fine degli anni ’60 fino ad oggi anche se, a partire dagli anni ’90 è stato gradualmente sostituito dal metodo dei volumi che è stato proposto in quasi tutti i testi degli ultimi 15-20 anni.
La differenza tra i due metodi, come è facile intuire, sta nel fatto che in uno vengono moltiplicate le superfici reali per i coefficienti riduttivi e nell’altro vengono invece inseriti i volumi reali dei singoli vani.

Il metodo delle superfici è ancora oggi utilizzato da molti professionisti. L’applicazione di questo metodo Può implicare in alcuni casi l’utilizzo un coefficiente di altezza relativo alle altezze interne dei vani delle unità immobiliari oppure, preferibilmente, un coefficiente di funzionalità. In genere per tutte le altezze comprese tra 2,70 e 3,00 metri non si applicano coefficienti di riduzione mentre, il coefficiente può essere a ribasso per altezze inferiori a 2,70 metri.
Il metodo delle superfici è spesso preferito a quello dei volumi soprattutto per la realizzazione di tabelle millesimali per condomini orizzontali con annessi lotti di terreni di grandi dimensioni. E’ anche consigliato utilizzare le superfici anziché i volumi anche in caso di edifici storici nei quali è difficile stabilire una volumetria precisa dei vani per la presenza di volte, solai con travi in legno, ecc.

Il metodo dei volumi rispetto a quello delle superfici ci da un risultato più omogeneo poiché l’inserimento delle altezze reali dei vani gioca un ruolo attivo nella determinazione dei valori millesimali (volume = superficie x altezza). Così facendo si può omettere il coefficiente di altezza interna dei vani che viene spesso adottato da molti tecnici ma che comunque non viene menzionato nella circolare ministeriale.
Il metodo dei volumi è particolarmente indicato per gli edifici di nuova costruzione e/o edifici in cemento armato in elevazione, nei condomini con presenza di sottotetti a spiovente, nei condomini con vani di altezze sensibilmente superiori a 3,00 metri (magazzini, garage, ecc.).
Nonostante la cubatura sia già di suo un fattore determinante per decifrare la funzionalità dei vani, come nel caso dei sottotetti, il metodo dei volumi non deve sostituire il coefficiente di funzionalità globale che va sempre inserito.

Quale metodo utilizzare in presenza di vani con soppalchi?

Anche in questo caso i metodi sono ambedue applicabili essendo però attenti ad alcuni accorgimenti.
Se si sta utilizzando il metodo delle superfici, le aree dei soppalchi vanno inserite nel calcolo al pari delle superfici calpestabili dei vani, con particolare attenzione ai coefficienti di utilizzo, di altezza e di funzionalità. 
Se invece si sta usando il metodo dei volumi si può inserire direttamente il volume dell’ambiente in cui è presente il soppalco assicurandosi che vengano inserite le altezze reali al netto di cartongessi e controsoffittature.

A fine lavoro è bene specificare nella relazione di calcolo quale dei due metodi è stato utilizzato ed indicarne le motivazioni poiché la scelta spetta al redattore se non diversamente richiesto dal condominio.

L’articolo di riferimento per la realizzazione delle tabelle scale ed ascensore è il 1124 del codice civile che recita: “Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo[…]”

Dall’interpretazione del suddetto articolo viene fuori l’ormai nota formula di calcolo facilmente reperibile su ogni libro di testo sul tema del condominio. La formula di calcolo da adottare è la stessa sia per le tabelle scale che per le tabelle ascensore. In questa sede non andremo a chiarire l’interpretazione che da luogo alla formula bensì gli elementi che la compongono, in modo particolare le “altezze di piano dal suolo”.

I professionisti del condominio oggi ricevono grande aiuto dai software di calcolo per realizzare le tabelle millesimali ma, soprattutto per le tabelle scale ed ascensore si consiglia vivamente di verificare le formule inserite nei programmi di calcolo (eventualmente contattando l’assistenza tecnica). Un altro aspetto che spesso crea perplessità ai tecnici è l’elemento “altezze di piano dal suolo”.
E’ opportuno precisare che la dicitura “altezze di piano dal suolo” è applicabile solo nel caso in cui l’edificio non abbia un piano seminterrato e se il suolo (piano terra) corrisponde con il punto d’ingresso condominiale. Se il condominio ha uno o più piani che vanno al di sotto della quota zero si dovrebbe usare l’espressione: quote del piano dal punto d’ingresso condominiale(portone).

Nell’inserire dette quote/altezze nella formula di calcolo il redattore può comportarsi in diversi modi a seconda della conformazione degli edifici ed a seconda delle informazioni reperibili.
Verrebbe spontaneo dire che il metodo migliore sarebbe quello di inserire la quota reale espressa in metri. Oggi siamo aiutati dai misuratori laser ed a volte dai progetti ma non in tutti gli edifici è possibile misurare le quote di piano reali, a maggior ragione che questo metodo è soggetto alla variante “errore umano di misurazione”. Es: piano interrato – 2.70 m; piano terra 0.00 m; piano primo +2.95 m; piano secondo +5.90 m; […].
Negli edifici storici per esempio è consigliato utilizzare il metodo dei gradini. Tale metodo implica il conteggio progressivo dei gradini dal punto d’ingresso condominiale al raggiungimento di tutti i piani presenti. Es: piano interrato -20; piano terra 0; piano primo +24; piano secondo +48; […].  
Altro metodo utilizzabile è quello dei piani. Significa semplicemente inserire nel calcolo il piano di appartenenza espresso in numeri. Es. piano interrato -1; piano terra 0; piano primo +1; piano secondo +2; […].

I tre metodi esposti possono essere considerati tutti validi. Il metodo dei gradini da maggiori garanzie in assoluto rispetto agli altri ma sarebbe opportuno che i gradini fossero tutti della stessa altezza. Il metodo dei metri sembra essere quello più vicino a quanto richiesto dalla normativa ma anche quello più soggetto ad errore umano. L’utilizzo del metodo dei piani è più sbrigativo ma si consiglia di utilizzarlo specialmente per gli edifici di recente costruzione e con piani di uguali altezze.

In tutti e tre i metodi, nonostante l’utilizzo di valori numerici completamente diversi tra loro, le proporzioni delle quote di piano rimangono pressoché invariate nella maggior parte dei casi. Si  può notare che applicando le tre diverse versioni sui dati dello stesso condominio si avrebbero risultati molto vicini tra loro.

Com’è noto, per la realizzazione delle tabelle millesimali generali si deve tener conto di alcuni fattori tra cui la superficie o il volume delle unità immobiliari e dei coefficienti di riduzione. Dal rapporto tra questi fattori  risulta una superficie o volume virtuale che genera in maniera diretta il valore millesimale degli immobili.

I coefficienti di riduzione più rilevanti sono: coefficiente di piano, di destinazione, di funzionalità, di utilizzo, di luminosità, di orientamento, di esposizione. Esistono anche altri coefficienti che hanno un impiego meno frequente ma che in molti casi risultano indispensabili e sono: coefficiente di rumorosità, di servitù, di isolamento, di inquinamento atmosferico.

Tra i coefficienti appena citati ce ne sono due che spesso danno origine ad errori di interpretazione e sono il coefficiente di destinazione ed il coefficiente di utilizzo.

Da cosa deriva questo errore di interpretazione per i suddetti coefficienti? Per rispondere a questa domanda andremo ad analizzare sia la circolare di riferimento nell’ambito delle tabelle millesimali (circolare 26 marzo 1966 n. 12480) sia la moderna letteratura inerente al calcolo dei millesimi condominiali.

La circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 26 Marco 1966 n. 12480 dice:

Coefficiente di destinazione. – ha il fine di stabilire una valutazione degli spazi costituenti l’alloggio in relazione alla misura della loro utilità. […] Per il coefficiente di destinazione si indicano i seguenti valori:

– camere = 1,00
– servizi (cucina, bagno, latrina, ripostiglio) = 0,90
– corridoi, disimpegni = 0,80
– logge racchiuse tra tre pareti =  0,50÷0,35
– cantine e soffitte (di sgombero) =  0,45÷0,30
– balconi coperti = 0,30
– balconi scoperti = 0,25
– terrazzo a livello = 0,22
– giardini ed aree di rispetto = 0,15÷0,10

E’ peraltro da tenere presente che per le terrazze a livello, i giardini e le aree di rispetto, i valori del coefficiente sono solo indicativi influendo nella valutazione, in modo sostanziale, l’entità dell’estensione di dette superfici sia rispetto alla superficie dell’alloggio, sia rispetto all’effettivo grado di utilizzazione e di godimento. Inoltre, il valore del coefficiente di destinazione potrà essere opportunamente ridotto in caso di particolari servitù dell’ambiente da valutare.”

Analizziamo ora cosa dicono i testi di riferimento sul tema dei millesimi di condominio, riportiamo una breve sintesi di ciò che espongono una decina di testi tra i più rilevanti in materia:

“Il coefficiente di destinazione rappresenta l’incidenza che ha sul valore di mercato dell’unità immobiliare la destinazione d’uso dei singoli vani, anche in relazione alla misura della loro utilità.[…]”

I testi di riferimento, oltre ad elencare i coefficienti già presenti nella circolare n.12480 suggeriscono altri coefficienti. Abbiamo fatto una media dei coefficienti indicati nelle guide più attendibili:

– Appartamento anche ad uso ufficio = 1,05

– Negozio/Locale Commerciale = 1,50

– Ufficio = 1,20

– Laboratori = 0,80

– Magazzini con potenziale permanenza di persone = 0,80

 

In sostanza la differenza tra le due fonti sta nell’integrazione di alcuni coefficienti che, nel 1966 al momento dell’uscita della Circolare Ministeriale non erano contemplati, essendo essa riferita a sole unità immobiliari ad uso abitativo (coefficiente 1,00). Andando ad aggiungere i nuovi coefficienti a quelli della Circolare si ha  un quadro dei coefficienti di destinazione abbastanza completo. 

Il problema spesso sorge nella loro applicazione poiché, come abbiamo appena analizzato, la circolare ed i testi di riferimento non evidenziano alcuna differenza tra coefficienti di destinazione e coefficienti di utilizzo e vengono sempre raggruppati in un unico elenco. Come si possono applicare allora i coefficienti per unità immobiliari ad uso diverso da quello abitativo, ad esempio negozi ed uffici?

Il quesito appena posto è una delle maggiori cause di controversie non solo tra condòmini ma anche tra tecnici, bisogna però capire che la realizzazione di tabelle millesimali lascia sempre un minimo di interpretazione al professionista che può, in molti casi, gestire delle situazioni in base alla propria esperienza.

Nella pratica però è necessario fare una distinzione netta tra due paramentri: Il coefficiente di destinazione ed il coefficiente di utilizzo.
Il coefficiente di destinazione indicherà il valore relativo alla destinazione d’uso dell’intera unità immobiliare (uso studio, uso abitazione, locale commerciale, ecc.).
Il coefficiente di utilizzo andrà a proporzionare il valore dei singoli vani che compongono l’unità immobiliare.

Nell’esempio che segue si può vedere come viene applicata tale metodologia. In pratica il coefficiente di destinazione va a moltiplicare il valore virtuale generato da tutti gli altri coefficienti, compreso il coefficiente di utilizzo.

Es: Superficie Vano x Altezza Vano x C. Utilizzo x C. Luminosità x C. Orientamento x C. Esposizione x C. Piano x C. Destinazione x C. Funzionalità = Volume Virtuale

La metodologia applicata nell’esempio trova parziale conferma nel fatto che tutti i più moderni software per la realizzazione delle tabelle millesimali inseriscono di base una colonna di calcolo aggiuntiva per il coefficiente di destinazione oltre alla classica colonna per il coefficiente di utilizzo. I software infatti propongono tre coefficienti relativi al valore globale dell’intera unità immobiliare (piano, destinazione e funzionalità) e almeno 4 coefficienti che regolano il valore virtuale dei singoli vani che la compongono.

Il metodo illustrato può raccogliere consensi o meno poiché ogni professionista predilige un particolare metodo di lavoro, è doveroso però aggiungere che nella stesura delle tabelle millesimali deve prevalere sempre un fattore insieme agli aspetti tecnici: il buonsenso!

Il coefficiente di destinazione per negozi e locali commerciali è spesso motivo di discussione per gli addetti ai lavori. Principalmente i dissensi nascono dalla mancanza di una linea guida significativa da parte della circolare n. 12480 del 1966. La normativa infatti nell’elenco dei coefficienti di destinazione fa riferimento soprattutto ad una serie di valori da attribuire a dei vani che generalmente vanno a comporre un appartamento.

Ovviamente nel corso degli anni i tecnici hanno dovuto adottare dei coefficienti di destinazione appropriati per i locali commerciali, tenendo conto che questi ultimi hanno un valore maggiore rispetto agli appartamenti. Nella maggior parte dei testi più recenti gli viene attribuito un valore di 1,50 che, rispetto ad un appartamento, rappresenta un valore maggiorato del 50%.
Alcuni testi ed alcuni articoli suggerisco di utilizzare un valore compreso tra 1,50 e 3,00. Alcuni addetti ai lavori addirittura propongono di effettuare una sorta di stima basata sui valori di mercato dei locali commerciali situati nella zona del condominio in questione. Questo metodo propone valori che possono arrivare anche a 4,00 o 6,00 ma risulta abbastanza discutibile poiché creerebbe un netto divario tra i negozi e gli appartamenti che manterrebbero un valore di 1,00. Così facendo si andrebbe a dare un valore molto vicino a quello di mercato ai locali commerciali dimenticando però  il contesto in cui si trovano: il condominio. Nel realizzare tabelle millesimali ci interessa dare la giusta proporzione tra le unità immobiliari all’interno dello stesso fabbricato e non trovare una differenza di valore tra un negozio che si trova in centro città ed uno che si trova in zona di campagna. E’ sicuramente vero che un negozio in un condominio in centro a Milano o a Roma ha un valore di mercato molto elevato rispetto a condomini situati in periferia o in zone degradate, ma lo stesso si può affermare per gli appartamenti che compongono il resto condominio che invece, come già detto, verrebbero considerati sempre con il valore di 1,00.

La realizzazione di tabelle millesimali non può essere una vera e propria stima del valore di mercato poiché il mercato degli immobili è dinamico ed in continuo cambiamento.

La soluzione migliore è spesso rappresentata dal coefficiente 1,50 che attribuisce un valore giustamente più alto ad un negozio. In genere il valore 1,50 soddisfa sia i proprietari degli appartamenti che vedono un negozio valere di più rispetto ad un’abitazione ed allo stesso tempo non penalizza in maniera spropositata i proprietari di locali commerciali.

Resta inteso che ogni professionista è libero di scegliere il coefficiente più idoneo da inserire ma è vivamente consigliato di inserire nella relazione una spiegazione ampiamente esaustiva.